
In Ucraina è in corso un’escalation, e non c’entra la mitologica controffensiva. L’Occidente alza il tiro della guerra contro la Russia e l’Ucraina è sempre più vicina all’ingresso nella Nato. Questo, a sua volta, significherebbe mandare in guerra soldati europei: cosa peraltro sempre più verosimile, con o senza ingresso dell’Ucraina nella Nato.
Mentre l’Occidente cerca la brutale accelerazione, la Russia sembra voler condurre una guerra di logoramento, anche e forse soprattutto fuori dai campi di battaglia. Infatti impegna armi che non comprendono solo quelle propriamente belliche.
Gli strumenti con cui la Russia cerca di logorare l’Occidente? Gli effetti collaterali delle sanzioni, i soldi spesi per armare l’Ucraina, la debolezza dell’industria bellica occidentale rispetto a quella russa, la de-dollarizzazione dell’economia mondiale, l’ascesa dei Brics, l’affermarsi di una multipolarità che allontana l’Occidente a trazione statunitense dal consueto ruolo di ombelico (e sanguisuga) dell’orbe terracqueo.
Di conseguenza, impegnarsi a fondo sul campo di battaglia conviene solo all’Occidente. Che bisogno ne ha la Russia? Le basta combattere il minimo indispensabile per tenere il fronte il più a lungo possibile. Questione di tempo e l’Occidente cascherà come una pera matura.
L’OCCIDENTE ALZA IL TIRO IN UCRAINA
L’Occidente si rende conto di questa strategia. E infatti alza costantemente il livello dello scontro: l’escalation coincide con la sua speranza di finire la guerra prima di finire logorato. Tutto era cominciato, ricordate?, mandando all’Ucraina elmetti e giubbotti antiproiettile. Ora, superato lo stadio dei carri armati e degli aerei da combattimento, la Gran Bretagna fornisce addirittura missili a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo.
Simmetricamente la Russia, che prima in Ucraina distruggeva solo (si fa per dire) le infrastrutture per l’energia, ora distrugge sistematicamente gli armamenti appena arrivati dall’Occidente. Fra gli ultimi esempi, il deposito di munizioni di Khmelnitsky e la batteria di Patriot a Kiev. Così l’Occidente dovrà svenarsi e logorarsi ancor di più per sostituire ciò che, appena inviato, è andato in fumo.
E dunque l’Occidente alza il tiro: l’Ucraina è sempre più vicina all’ingresso nella Nato. Si è appena unita al Ccdcoe, il centro di eccellenza della Nato per la cyber sicurezza. Il Parlamento dell’Estonia, pochi giorni fa, ha chiesto di farla entrare rapidamente nella Nato: operazione di solito presentata come possibile solo dopo la fine della guerra. Sono in corso negoziati fra i Paesi Nato per definire i tempi del percorso di adesione dell’Ucraina. Se ne parlerà durante il summit di luglio a Vilnius.
LE PAROLE DI STOLTENBERG
Ma soprattutto un’altra cosa bolle in pentola. Se l’Ucraina non entra nella Nato, o se almeno non ci entra subito per la resistenza di vari Stati dell’Europa occidentale, alcuni Paesi Nato possono stipulare con l’Ucraina patti di difesa reciproca. Si comincia a parlarne, pur senza fissare date e presentandola come una possibilità per l’indefinito futuro. Ne ha parlato anche il segretario della Nato Stoltenberg in una conversazione ufficiale col suo predecessore Rasmussen.
Stoltenberg, pur tenendosi vago sui tempi, ha precisato che un meccanismo del genere sarebbe molto simile al famoso articolo 5 della Nato. Si tratta di quello che prevede l’obbligo di difesa reciproca fra Stati membri dell’alleanza. Dunque, implicitamente, si stanno prendendo in considerazione patti di difesa reciproca stipulati con l’Ucraina a guerra ancora in corso. A guerra finita, non avrebbero senso visto che – a quanto ora si dice – in quel momento l’Ucraina potrebbe direttamente entrare nella Nato.
Prepariamoci, quindi. L’ha detto anche Luttwak: la prospettiva è quella di soldati europei mandati in Ucraina. Sarà verosimilmente il prossimo passo dell’escalation.
GIULIA BURGAZZI