
L’ok del Veneto all’apertura di un nuovo centro per il cambio di sesso riapre il dibattito mai chiuso sulla questione gender e ci dà l’occasione per fare il punto su come si percepisce in particolare nelle scuole.
IL CENTRO PER IL CAMBIO DI SESSO IN VENETO
Il 7 marzo 2023 una delibera approvata dalla giunta del presidente del Veneto, Luca Zaia, ha dato il via alla costituzione di un centro per il cambio di sesso: si prefigge di essere un’eccellenza nazionale per la presa in carico degli assistiti con disturbi di disforia di genere. La struttura si occuperà di aspetti psicologici, di sostegno e prescrizione ormonale. Zaia, attaccato da più parti per la scelta, la definisce come “un semplice fatto di civiltà, nonché un adeguamento alla legge. Si devono semplificare le cose invece di renderle difficili”.
L’Azienda ospedaliera di Padova si occuperà di individuare gli specialisti da coinvolgere nel progetto e collocare fisicamente il nuovo reparto. Saranno elaborati per questo un percorso diagnostico e l’effettiva presa in carico per intraprendere il percorso di transizione. Il tutto riceverà poi una valutazione finale (ed eventuale approvazione) da parte della Regione.
Lo stesso Zaia ha definito la delibera come un Lea, ovvero “non una gentile concessione, un livello essenziale di assistenza.Tra l’altro, i farmaci che i transgender dovranno prendere a vita per consentir loro di mantenere i caratteri sessuali secondo quanto desiderato, sono dal 2020 a completo carico del Sistema sanitario nazionale”. Chi lo contesta, non contesta tanto la questione in sé ma probabilmente più le tempistiche e le priorità, giudicando che vi siano ben altre faccende da sistemare prima di questa.
LA DISFORIA DI GENERE DEPATOLOGIZZATA
Ad ogni modo, la disforia di genere, che fino a poco tempo fa era considerata da affrontare alla stregua di una malattia, ha ricevuto nel 2019 una nuova classificazione da parte dell’Oms. L’Organizzazione ha ridefinito la disforia con l’espressione “incongruenza di genere”, mentre nella classificazione internazionale delle malattie l’ICD-11 l’ha declassata a un capitoletto della salute sessuale. La finalità generale è depatologizzare, promuovere l’autodeterminazione e scardinare le legislazioni che continuano a ridurre gli esseri umani su un piano di binarismo.
Proprio in questa ottica la legge italiana, in virtù di due sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale, non obbliga più le persone che desiderano fare una transizione ad operarsi, benché rimanga comunque essenziale la diagnosi di disforia di genere. In altri paesi, come ad esempio la Spagna, basta un’autocertificazione. Insomma, si va verso la semplificazione.
Vista la tendenza internazionale, il timore è che si abusi di una istituzione come questa e se ne faccia oggetto di propaganda specie tra i più giovani. Vi sono molti casi di adolescenti e giovani in giro per il mondo trattati da centri per la disforia di genere con superficialità e in modo sbrigativo.
LA CARRIERA ALIAS NELLE SCUOLE
E in Italia come viene percepita la disforia di genere in particolare tra i giovani?
Un intervento in questo senso è la cosiddetta carriera alias. Oggi il numero di scuole e atenei che vi aderisce è in rapidissima crescita, benché non esista alcuna linea guida ministeriale che regolamenti la questione a livello nazionale. Si è passati da un numero davvero trascurabile di istituti a un numero a tre cifre solo nell’ultimo anno. Già più di 200 strutture educative hanno approvato e inserito questo strumento che permette agli studenti di modificare i dati anagrafici di ragazzi e ragazze in base alla propria identità di genere. Ogni studente può in questo modo farsi chiamare e riconoscere con il nome ed il genere scelto.
A livello legale il nuovo nome non ha valore, dato che il cambio dei dati è esclusivamente per uso interno alle strutture educative. Tuttavia, secondo i sostenitori, è utilissimo per evitare la discriminazione tra studenti. Il sito Gay.it dà dritte su come attivare la carriera alias e liberarsi da quello che viene definito il dead name ovvero il nome defunto, l’identità che non c’è più e di cui sbarazzarsi. Il nome dato alla nascita da mamma e papà, per intendersi.
LE ASSOCIAZIONI NO GENDER
Non sono tutti concordi nel dire che questo strumento serva. Si parte dagli insegnanti che non vogliono adeguarsi alla procedura (esattamente come accade per gli obiettori di coscienza), per arrivare a Paesi dove anche le associazioni cercano di ostacolare simili frontiere educative. Ma chi sostiene la carriera alias giura che non esista alcuna propaganda gender nelle scuole. Semplicemente, le strutture educative si starebbero adeguando ad una società che vuole cambiare.
In Italia l’associazione Pro Vita e Famiglia ritiene che la carriera alias sia uno strumento di scardinamento dei valori tradizionali a partire dalla giovane età. Su queste basi, ha anche prodotto un dossier a riguardo. Il portavoce Jacopo Coghe minaccia inoltre diffide agli istituti che aderiscono alla carriera alias in itinere.
GENDER, IL CASO DELL’EMILIA ROMAGNA
Pro Vita e Famiglia a ottobre 2022 in diverse città dell’Emilia Romagna aveva fatto affiggere manifesti provocatori, riportanti la scritta: “Basta confondere l’identità sessuale dei bambini”. Nelle immagini si vedeva il volto di un bambino triste mentre due mani di soggetti non inquadrati con le unghie di colore arcobaleno gli proponevano un papillon rosso e un rossetto.
Scontri verbali si sono avuti tra gli attivisti e il segretario regionale di Articolo Uno, Alex Giovannini, che si è fatto portavoce di una petizione volta alla rimozione dei manifesti. “Sono sessisti e offensivi”, ha dichiarato: “E quindi in contrasto con l’articolo 23 del Codice della Strada”. Il sindaco di Cesena, Enzo Lattuca, ha risposto alla richiesta avanzata da Giovannini: “Non concordo affatto con il messaggio riportato nei manifesti, un messaggio che tra l’altro è distante dalla realtà. Però non posso rimuoverli perché esiste ancora la libertà di espressione sancita dalla nostra Costituzione”.
LA POSIZIONE DEGLI PSICOLOGI
L’Ordine regionale degli psicologi ha condannato duramente sia manifesti che manifestanti. “Parlare di sessualità fin da piccoli non può far altro che bene, li farà diventare nient’altro che quello che sono. Parola di scienza”, ha detto Francesca Cavallini, coordinatrice del Gruppo di Lavoro di Psicologia Scolastica dell’Ordine (la stessa che spiegava il Coronavirus e la necessità del lockdown ai bambini). Secondo la specialista, la letteratura in merito alla questione gender parla chiaro: se si espongono i bambini sin dalla tenera età a questo tipo di temi, il rischio di sviluppare comportamenti sociali orientati al cyberbullismo, alla discriminazione legata al genere e a condotte aggressive si abbassa notevolmente.
Secondo Cavallini inoltre “questi manifesti generano confusione negli adulti che non distinguono tra dibattito ideologico e conoscenze scientifiche, oltre a causare dolore e sconforto nei genitori di bambini che non si identificano in identità di genere binarie”. Contemporaneamente Cavallini annunciava che le iniziative non sarebbero certo terminate ma anzi avrebbero compreso un percorso formativo per insegnanti e professionisti almeno per tutto l’anno 2023.
QUESTIONE GENDER, UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
In verità da anni si portano avanti progetti riguardanti la questione gender e la sessualità nelle scuole. Sempre in Emilia Romagna, ad esempio, già nel 2015 diverse associazioni denunciavano la nascita del progetto W l’amore, un’attività curricolare.
Siamo sicuri che queste modalità negli intenti inclusive nonché dai contenuti apertamente sessuali non finiscano per nuocere proprio a coloro che si prefiggono di difendere? In fondo la carriera alias permette sì di cambiare un nome, ma non è automatico che questo impedisca ai compagni di corso di schernire o additare il soggetto come diverso. Sono inoltre sempre più frequenti le transizioni al contrario. Storie dolorosissime di giovani che vorrebbero non aver mai percorso una strada ormai a senso unico. Sempre più frequenti i casi di Paesi che tornano sui loro passi e rivedono le politiche nelle scuole. In Italia attendiamo ancora che il Miur dia linee guida ufficiali sulla carriera alias, visto che ora è tutto deregolamentato.
MARTINA GIUNTOLI